Dal 13 dicembre l'Amministrazione Finanziaria ha cinque anni di tempo, a partire dalla data di cancellazione della società dal registro delle imprese, per avviare un accertamento, un contenzioso, una riscossione dei tributi e di contributi con eventuali sanzioni e interessi. Fino ad oggi la cancellazione della società dall’Ufficio Registro ha avuto piena efficacia costitutiva, a tal punto che la società doveva ritenersi estinta senza attendere l'effettiva definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti.
Secondo quanto disposto, pertanto, l’accertamento notificato dopo la cancellazione della società si poteva considerare inefficace e incapace di riconoscere eventuali attribuzioni di presunti utili extracontabili agli ex soci (ai sensi dell'art. 36, D.P.R. n. 602/73).
Lo stesso articolo 2495 c.c. stabilisce che la società si considera estinta dopo un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Una volta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle Imprese.
Dopo la cancellazione i creditori sociali rimasti insoddisfatti potevano far valere i loro diritti quali creditori:
- nei confronti dei soci, fino al limite delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e
- nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi.
Tre sentenze (nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010) delle sezioni unite stabiliscono che “a seguito della modifica apportata all’art. 2945 c.c., comma 2, dal D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, entrato in vigore il primo gennaio 2004, la cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società, anche in presenza di rapporti non definiti ed anche se è intervenuta in epoca anteriore all’entrata in vigore della nuova disciplina, […]”.
Per le società cancellate dopo il 1° gennaio 2004, l'effetto estintivo decorre dal giorno dell'iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese.
La stessa Commissione tributaria provinciale di Modena, sez. I, con sentenza n. 169 del 22/10/2012, depositata l'11/6/2013, sottolinea che le società di capitali si estinguono definitivamente con la cancellazione dal registro delle imprese, grazie alla riforma del diritto societario introdotta dal D.Lgs. 06/2003 in vigore dal 1° gennaio 2004.
Ne discende che il provvedimento emesso dall'Amministrazione finanziaria, per il reddito d'impresa calcolato in percentuale sulla base delle fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società e la conseguente imputazione del reddito in capo al socio a causa di presunta distribuzione di utili derivante dalla ristretta base societaria, viene considerato illegittimo.
L’orientamento era recepito dai giudici di merito anche con la Sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta n. 7194/03/14 del 10 ottobre 2014 che, riprendendo la Sentenza della Cassazione n. 17564 del 18 luglio 2013, ha sottolineato che:
“a decorrere dal primo gennaio 2004, ex art. 2495 c.c., la cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese è contestualmente atto e momento in cui si individua e da cui decorre l’estinzione della persona giuridica. L’estinzione della società di capitali determina la successione dei rapporti attivi e passivi della persona giuridica in favore dei soci, i quali rispondono nei limiti della responsabilità patrimoniale che caratterizzava la loro partecipazione nella società in bonis, ovvero, limitatamente al patrimonio ricevuto al termine della liquidazione (soci limitatamente responsabili) o illimitatamente (soci illimitatamente responsabili). […] Appare dunque evidente che l’atto impugnato non poteva avere come destinatario una società non più esistente e questa conserva (in virtù di una fictio juris) la possibilità di stare in giudizio al solo fine di eccepire la circostanza”.
I giudici della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta hanno, quindi, accolto il ricorso del contribuente, procedendo ad annullare l’atto impugnato per difetto “ab origine” di legittimazione attiva.
Con l’introduzione dell’art. 28 comma 4, D.Lgs. n. 175 del 21/11/2014 Decreto Semplificazioni – l’estinzione della società ha effetto trascorsi cinque anni dalla cancellazione dal Registro delle imprese. Pertanto vengono estesi all’Agenzia delle Entrate i poteri di accertamento anche dopo la distribuzione dell’attivo, senza neppure apportare alcuna modifica al Codice civile.
Lo scopo della norma è rivolto a risolvere la difficile realizzazione di controlli e azioni di recupero fiscale nei tempi brevi della cancellazione.
La conseguenza è chiara: il liquidatore dovrà, anche dopo la cancellazione, rappresentare la società, continuando ad assolvere tutti i doveri che il Codice civile normalmente gli attribuisce.
Inoltre i liquidatori dei soggetti IRES che non osservano l'obbligo di versare le imposte dovute per il periodo di liquidazione e per quelli anteriori , con le attività della liquidazione, rispondono in proprio, a meno che dimostrino di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari.
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 179 dell’8 gennaio 2014, delibera che è legittima infatti l’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore della società in caso di omesso pagamento del debito verso l’Erario, quando l’Amministrazione finanziaria dimostri la sussistenza della condizione della certezza legale del tributo all’atto dell’esercizio dell’azione.
Starà poi al liquidatore provare l’insussistenza dei presupposti del debito o l’incertezza dello stesso.